Se il futuro, come l’azzurro, è un treno che all’incontrario va, forse è il caso di slacciarle le cinture per provare a sfidare gli urti e i sussulti fra i quali si nasconde.
“Chissà chissà domani, su che cosa metteremo le mani, se si potrà contare ancora le onde del mare, e alzare la testa, non esser così seria, rimani”. Forse è tra i versi di Lucio Dalla che si annida quella miccia che inseguiamo da sempre, nel tentativo di scostare lo sguardo dalla siepe.
Il futuro, già il futuro, quella fiamma accesa che disegna ombre sul muro, che scivola fra le mani come sabbia, che dissemina di indizi la sua presenza, gioca a nascondino, trattiene il respiro come un bambino impaurito.
Noi, una volta, lo abbiamo visto, lo sguardo fisso, fermo al semaforo, poi è fuggito, lo abbiamo inseguito, afferrato, strattonato, invocato, fino a quando, esausti, si è voltato.
Aveva gli occhi azzurri, la salopette e un’aria da gitano.
(To be continued)