di Alessandra Ferrari (Architetta in Bergamo e consigliera nazionale al CNAPPC) e Carla Broccardo (Avvocata e futurista )
“Abitare il presente immaginando il futuro” l’iniziativa dell’Ordine degli Architetti di Chieti nell’ambito del Festival dell’Architettura 2020 – organizzato da alcuni anni dal Consiglio nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori – è stata l’occasione per incontrarci di nuovo, una avvocata e una architetta, e unire le nostre reciproche professionalità in qualcosa di nuovo.
Nella città di Chieti, per tre settimane si sono susseguiti incontri e dibattiti sul futuro della città, del territorio e si sono sperimentati percorsi innovativi fra cui l’appuntamento a due voci che ha coinvolto i professionisti presenti in una attività comune con metodi della previsione sociale (Futures Studies) su tematiche attuali del contesto cittadino per dare alla discussione intorno a questi temi un approccio trasversale, completo e coinvolgente.
Trattandosi di futuro è indubbio che gli architetti da sempre hanno dato forma e contenuto con essa, alle visioni sia utopiche che politiche; l’architetto Giancarlo De Carlo, non aveva dubbi che il ruolo dell’architetto fosse quello di prefigurare il futuro, progettando ciò che ancora non esiste per il bene comune, consapevole di questo ruolo profondamente sociale.
Oggi ci si chiede se in Europa e in Italia vi è questa consapevolezza.
L’agenda per l’architettura olandese già nel 2017 riconosceva al progettista il ruolo di visualizzare e creare di connessioni: di rivelare ciò che non esiste. Combinando creatività, conoscenza e analisi delle questioni sociali, l’architetto ha la capacità di coordinare attività a livello locale/regionale e nazionale per la pianificazione e l’attuazione di strategie a lungo termine.
In Italia, il lungo periodo di lockdown, ha portato tutta la collettività a riflettere sul presente ma soprattutto è il futuro ad essere diventato un’esigenza primaria per tutti: le esperienze di questi ultimi mesi ci hanno reso più consapevoli dell’importanza di guardare avanti, di cercare in ogni direzione elementi utili per poter prendere le decisioni che ci riguardano, per il lavoro, negli studi, anche solo i più semplici spostamenti.
Nelle nostre esperienze individuali, quotidiane ci sentiamo incerti nelle scelte da operare anche nel breve o brevissimo termine, sommersi, come siamo, da dati e informazioni a volte contrastanti fra loro o di difficile lettura; oppure, all’opposto, privi di informazioni decisive e attendibili.
In ogni caso ci sentiamo esposti al rischio di essere sempre in ritardo, di arrivare a decidere una cosa nel momento in cui i presupposti e le condizioni per la nostra azione sono cambiati e il contesto rende superato o inadatto il nostro comportamento.
Il “presentismo” in cui oggi siamo immersi quale conseguenza dell’accelerazione tecnologica e sociale ha portato ad una tale frammentazione del tempo da trasformarne la percezione da lineare a circolare.
L’architetto, per professione è invece abituato ad operare in un tempo lineare.
Il progetto si basa sul confronto con la storia, l’identità di un luogo. Attraversa il presente con l’ideazione, la costruzione, ma la sua visione è decisamente proiettata nel futuro, poiché una costruzione dura nel tempo. La figura dell’architetto è abituata a progettare prevedendo le diverse conseguenze e a indirizzare le azioni pensando al futuro, poiché le proprie opere durano nel tempo.
Pensare al futuro, come persone, cittadini e soprattutto come architetti presuppone quindi un modello di previsione per indirizzare le nostre azioni non solo su quello che prevediamo che succeda, ma su quello che vogliamo che succeda.
È necessario quindi ora individuare le nostre volontà di cambiamento sulla base di finalità condivise, e iniziare ad agire anche impadronendosi di metodologie esplorative di futuri possibili e partecipative.
Le finalità condivise emergono con l’ausilio di contributi diversi che emergono dal confronto con le tutte le altre discipline per poter individuare un indirizzo collettivo e indirizzare così un futuro preferibile.
Interessante vedere come alla professione di architetto si guardi anche da un altro punto di vista: l’espressione “Architetti del futuro“, è parte del titolo di un recente libro di Alessandro Giaume che però non parla di architetti, ma di quelle professionalità che rendono possibile estrarre valore e indirizzi decisionali dai dati. Solo un anno fa, per lo stesso autore, i nuovi professionisti erano i data scientist, ed altre figure legate alla cultura del dato. Oggi, tuttavia, l’analisi del dato non è più sufficiente per affrontare le tipologie di cambiamento che di cui siamo testimoni e, alle previsioni basate su proiezioni ed elaborazioni di dati del passato, è necessario aggiungere nuove fonti di informazioni.
Come trasformare quindi un progetto in un programma?
Servono strumenti di previsione efficaci che permettano di immaginare l’impensabile ma anche di individuare i più adatti strumenti normativi e l’unica tecnologia necessaria non può che essere il diritto.
Secondo alcuni studi (“shaping cities in an urban age” con la collaborazione LSE) nel 2050 piu del 25% della popolazione vivrà nelle città che saranno in “competizione fra loro” dove quindi una città vince e un’altra perde perchè in una competizione non esistono più vincitori.
Ci piace di più pensare a città collaborative: rapporti di prossimità, quartieri e comunità. Una gestione regionale e comunale che diventa protagonista dove anche l’Ordine si fa parte attiva nella costruzione dei futuri, assieme a progetti di partecipazione.
Guardare al futuro non come a un prodotto ma come ad un processo è il primo passo per iniziare a costruirlo insieme. Oggi più che mai pensare impegnarsi nell’immaginare i diversi futuri è utile nella comprensione del presente, nel pianificare strategie e sopratutto per assumere oggi decisioni che ci riguardano direttamente.
Non sarà facile ma, come l’attività voluta dagli architetti di Chieti ci ha dimostrato, solo mettendosi in gioco con metodi si attivano meccanismi trasformativi anche della nostra idea di futuro.
Image credit: Patricio González da Pixabay
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