La frontiera dell’edilizia turistica non può essere rappresentata solo dall’albergo 4.0. Accanto a questo termine, forse un po’ troppo abusato, si deve cominciare a porre l’attenzione anche su un ruolo sociale che le #strutturealberghiere possono o dovrebbero assolvere.
Ma cosa si può fare in un #albergo? Una domanda apparentemente banale che Theodore Zeldin poneva provocatoriamente già alcuni anni fa e che oggi porta con se’ tutta la sua attualità.
Cosa può fare, quindi, l’industria dell’ospitalità per costruire una risposta che apra agli operatori la strada verso obiettivi finora inimmaginabili? Può continuare ad offrire un letto in strutture sempre più smart, in una gara fra “macchine” finalizzate solo a realizzazione profitti oppure, in un mondo sempre più complesso e contraddittorio, agire da ambasciatore di sostenibilità ambientale, economica e sociale? Considerati gli ambiziosi obiettivi del Piano Nazionale Energia e Clima gli orizzonti dell’accoglienza dovranno sicuramente contemplare interventi di riqualificazione energetica del parco immobiliare alberghiero ma, soprattutto, dovranno progettare strutture circolari in grado non solo di produrre ma anche di consumare e riciclare tutto quello che è al loro interno. Non semplici dormitori, più o meno lussuosi, ma laboratori dove sperimentare la #sostenibilità ricercando le interconnessi fra gli obiettivi dell’economia della ciambella (#doughnuteconomy).
In teoria. E “in teoria non c’è nessuna differenza fra teoria e pratica. Ma, in pratica, c’è”, come ci ricorda Yogi Berra, leggendario allenatore di baseball.